Non era semplicemente una cattedrale grandiosa come quella gotica di Rouen, l’oggetto vero della sua ricerca. Non lo era per nulla.
Monet era un “cacciatore di luce” e semplicemente quello era il soggetto visibile più adatto e a portata di mano che avesse per catturarla e imprimerla sulla tela.
Ne rappresento’ decine e decine, ad ogni ora del giorno: la luce di per sè è invisibile e ha bisogno di un oggetto in cui riflettersi per manifestarsi e diventare creatrice di toni, colori, ombre e, grazie all’uomo, sentimenti diversi.
La facciata di Rouen era perfetta per questa ricerca, pensò Monet: come la fiancata di una montagna immensa e irregolare.
Quando si aprì questo dialogo tra la luce e Monet l’uomo potè assistere per la prima volta nella storia alla rappresentazione scientifica del riflesso stesso e del sentimento che nell’uomo questo poteva suscitare. La scienza, da sola, non sarebbe stata capace di farlo: aveva bisogno dell’arte per riuscire in quest’impresa.
Monet fu un grande scienziato, come solo un grande artista (Leonardo docet) puo’ esserlo.
Solo il connubio tra Arte e Scienza puo’ salvarci.
Solo i grandi artisti sono grandi scienziati.
E solo i grandi scienziati ( come Einstein) sono anche grandi artisti.
L’Arte, quella vera, è Scienza.
La Scienza, quella vera, è Arte.